Ralph McTell – REGNO UNITO – 30 AGOSTO: Festival dell’Isola di Wight, Evento: 1970. Il pubblico ascolta il cantante folk inglese Ralph McTell al Festival dell’Isola di Wight. (Foto di Tony Russell/Redferns)
La Storia del Festival dell’Isola di Wight è divisa in tre pagine
prima parte | seconda parte | terza parte
Il Festival dell’Isola di Wight 1970 fu un evento spartiacque che segnò la fine di un’epoca. Con una partecipazione di oltre 600.000 persone e una line-up straordinaria, rappresentò l’apice dei grandi raduni musicali, ma anche il momento in cui la musica rock si scontrò inevitabilmente con le logiche del mercato. Il festival non fu solo un grande evento musicale, ma anche un simbolo della trasformazione culturale e sociale che stava attraversando la generazione degli anni ’60.
La fine dei grandi raduni gratuiti
Il caos organizzativo e le tensioni emerse durante il festival del 1970 portarono a conseguenze importanti non solo per la scena musicale, ma anche per la regolamentazione degli eventi di massa. Dopo il festival, il Parlamento britannico introdusse una legislazione che limitava fortemente la possibilità di organizzare raduni di massa senza una licenza. Questo segnò la fine di un’era di festival liberi e non commerciali, chiudendo simbolicamente un capitolo della storia della controcultura.
La svolta commerciale della musica rock
Il Festival dell’Isola di Wight 1970 evidenziò chiaramente come la musica, che negli anni ’60 era stata il simbolo della ribellione giovanile, stesse progressivamente trasformandosi in un prodotto commerciale. La necessità di gestire eventi di queste dimensioni comportò l’ingresso di finanziamenti significativi, modificando il panorama musicale in modo permanente.
Emerson Lake & Palmer, che si esibirono per la seconda volta proprio durante questo festival, ottennero un’enorme visibilità, diventando una delle band più influenti del prog rock negli anni ’70. La loro performance al festival rappresentò un momento cruciale per la loro carriera, lanciandoli verso la celebrità internazionale. Allo stesso modo, l’esibizione di Miles Davis, accompagnato da musicisti di altissimo livello come Gary Bartz (sax), Chick Corea e Keith Jarrett (tastiere), Dave Holland (basso), Jack DeJohnette (batteria) e Airto Moreira (percussioni), segnò un punto di svolta, presentando un set di jazz-fusion che avrebbe influenzato profondamente il decennio successivo. Oltre a loro, parteciparono anche artisti di grande rilievo come Donovan, Joan Baez, simbolo del pacifismo, e i Jethro Tull, che decisero di non partecipare a Woodstock a causa dell’avversione di Ian Anderson verso gli hippie per il loro uso di droghe. Il festival vide esibirsi inoltre artisti come Jimi Hendrix, The Who, The Doors, Leonard Cohen, Joni Mitchell, Ten Years After, Free, Chicago, Procol Harum, The Moody Blues, e Richie Havens.
La scena musicale degli anni ’70, sebbene meno idealistica rispetto a quella degli anni ’60, continuò a evolversi sotto l’influenza dei temi emersi durante il festival. La commercializzazione della musica, la sperimentazione artistica e la crescente importanza dell’industria discografica divennero elementi chiave del nuovo decennio.
L’utopia hippy e la disillusione
L’utopia hippy, fondata sulla pace, l’amore e la comunità, cominciava a mostrare le sue crepe. La disillusione che si diffuse dopo il festival fu palpabile: i sogni di una generazione si erano infranti contro la realtà del mondo commerciale e della violenza sociale. Se Woodstock aveva rappresentato l’apice della controcultura, l’Isola di Wight 1970, a distanza di un solo anno, ne segnò il declino, un punto di non ritorno che avrebbe condotto alla fine di quell’epoca storica. Il Movimento si dividerà, chi passerà alle allucinazioni orientali, consumate però in Occidente finendo tragicaeìmente, e chi passerà alla lotta armata, come i Weathermen, che prenderanno il nome dalla celebre canzone di Bob Dylan “Subterranean Homesick Blues”: “Non bisogna essere un meteorologo (Weatherman) per capire da che parte soffia il vento.”
L’eredità culturale: dal sogno alla disillusione
Il Festival dell’Isola di Wight 1970 non lasciò solo un segno nella cultura musicale, ma divenne anche un simbolo del cambiamento dei tempi. Gli artisti che si esibirono sul palco, da Jimi Hendrix a The Who, fino a Joni Mitchell, entrarono nella leggenda, ma il festival stesso evidenziò i limiti di un sogno ormai minato dalle dinamiche del mercato e dalle contraddizioni interne al movimento. Da un lato, l’evento rappresentava ancora il trionfo della controcultura, con un pubblico immenso che si riuniva per celebrare la musica come forma di ribellione e di condivisione; dall’altro, metteva in luce le difficoltà di mantenere vivi quei valori in un mondo sempre più dominato dal denaro.
Il festival segnò dunque la fine di un’epoca, quella dei grandi raduni liberi e non commerciali, e con la sua conclusione si chiuse anche un capitolo della controcultura hippy. I sogni di una generazione che sperava di cambiare il mondo attraverso la musica si scontrarono con la dura realtà delle logiche di mercato. Da quel momento in poi, la musica rock avrebbe seguito un percorso diverso, dove l’industria avrebbe avuto un ruolo sempre più centrale, determinando la direzione del mercato e influenzando profondamente la creatività degli artisti.
Riflessioni finali
Il Festival dell’Isola di Wight 1970 non fu solo un evento musicale, ma una rappresentazione delle tensioni, delle speranze e delle disillusioni di un’intera generazione. Celebrando la forza della musica come strumento di ribellione e cambiamento sociale, l’evento mise in luce anche le contraddizioni interne al movimento giovanile degli anni ’60, ormai sempre più diviso tra idealismo e pragmatismo commerciale.
Oggi, a distanza di decenni, il festival è ricordato come un momento cruciale nella storia della musica rock e della cultura giovanile. Certe immagini rimangono vive nella memoria collettiva, mentre la disillusione che seguì all’evento riflette una lezione storica importante: anche i sogni più forti possono infrangersi di fronte alle dinamiche sociali, politiche, ma soprattutto commerciali. Tuttavia, nonostante tutto, il Festival dell’Isola di Wight 1970 resta un simbolo di resistenza e di creatività, un’ultima fiammata di un movimento che, pur nella sua fragilità, ha lasciato un’impronta indelebile sulla storia della musica e della cultura.
La Storia del Festival dell’Isola di Wight è divisa in tre pagine
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