Jimi Hendrix, 30 agosto 1970 – Festival Isola di Wight
La Storia del Festival dell’Isola di Wight è divisa in tre pagine
prima parte | seconda parte | terza parte
Isola di Wight
I festival musicali degli anni ’60 furono veri e propri manifesti di una rivoluzione culturale e sociale, riflettendo le speranze, i sogni e i conflitti di una generazione. Woodstock, il Monterey Pop Festival, l’Altamont Free Concert e, infine, il Festival dell’Isola di Wight del 1970, non rappresentarono solo una rivoluzione musicale, ma anche una tappa cruciale in un decennio segnato dall’utopia e dalla disillusione. Questi raduni non erano semplici concerti, ma momenti di un movimento più ampio, una ribellione contro le strutture sociali esistenti e il desiderio di costruire un mondo più libero.
Human Be-In e il sogno del cambiamento
Il 14 gennaio 1967, il Golden Gate Park di San Francisco ospitò l’Human Be-In, un evento che rappresentò l’inizio del Summer of Love e della stagione d’oro della controcultura. Non si trattava di un semplice raduno musicale, ma di un incontro tra diverse anime del movimento: attivisti per i diritti civili, poeti della Beat Generation, leader spirituali e figure emergenti del movimento psichedelico. Tra i partecipanti, oltre a Allen Ginsberg e Gary Snyder, si distinse Timothy Leary, ex professore di psicologia ad Harvard e figura chiave nella diffusione dell’uso dell’LSD. Fu proprio durante l’Human Be-In che Leary pronunciò la celebre frase “Turn on, tune in, drop out”, che sintetizzava il pensiero della controcultura: “Accendete il cervello, mettetevi in connessione con il mondo e abbandonate le cose inutili”.
L’evento segnava un momento di euforia e speranza collettiva, incarnando il sogno di una società libera da oppressioni, basata sull’amore universale e sulla connessione spirituale. I giovani, influenzati dalle filosofie orientali, dal pacifismo e dall’uso delle sostanze psichedeliche, credevano nella possibilità di un cambiamento radicale. L’Human Be-In non fu solo un preludio al Summer of Love, ma l’inizio di una serie di raduni che avrebbero definito il decennio, esprimendo una protesta silenziosa contro la guerra del Vietnam e un sistema economico percepito come corrotto e alienante.
Monterey Pop Festival: la nascita dei grandi raduni rock
Solo pochi mesi dopo, nel giugno del 1967, il Monterey Pop Festival in California segnò la vera consacrazione dei grandi raduni musicali. Organizzato da figure come Lou Adler e John Phillips dei The Mamas & The Papas, il festival rappresentava una celebrazione della musica e della pace, ma anche una vetrina per artisti emergenti che sarebbero diventati icone della cultura rock. Tra le performance più memorabili si ricordano quelle di Jimi Hendrix, che solo tre mesi prima aveva stupito il mondo con il suo primo album Are You Experienced, Janis Joplin, Otis Redding e The Who.
Fu durante il Monterey Pop Festival che Jimi Hendrix diede una delle sue esibizioni più iconiche, incendiando letteralmente la sua chitarra sul palco durante l’esecuzione di Wild Thing. Questo gesto divenne il simbolo dell’energia ribelle e provocatoria della controcultura giovanile. Anche Janis Joplin, con la sua voce ruvida e la sua presenza carismatica, catturò l’attenzione del pubblico, diventando una delle voci femminili più potenti e rappresentative del periodo. Il festival non solo celebrava la musica come strumento di espressione e ribellione, ma fungeva da piattaforma per una generazione in cerca di nuove forme di identità e comunità.
Woodstock: l’apice dell’utopia hippy
Nell’agosto del 1969, il Woodstock Music & Art Fair, conosciuto semplicemente come Woodstock, divenne il simbolo della controcultura pacifista e dell’utopia hippy. Tenutosi dal 15 al 18 agosto nella cittadina di Bethel, nello stato di New York, il festival attirò più di 400.000 persone, molte di più delle attese iniziali degli organizzatori. La logistica si rivelò presto un disastro: la scarsità di cibo, le condizioni climatiche avverse e il sovraffollamento crearono un caos generale. Eppure, nonostante le difficoltà, Woodstock fu vissuto come un trionfo dello spirito comunitario, un momento in cui la gioventù si univa nel nome della pace e della musica.
L’evento fu reso memorabile dalle performance di artisti come Jimi Hendrix, Santana, The Who e Janis Joplin, che resero il festival un’esperienza unica e irripetibile. Hendrix, in particolare, chiuse il festival con una versione straziante e iconoclasta di The Star-Spangled Banner, l’inno nazionale americano, reinterpretato con suoni distorti che evocavano le bombe e gli spari della guerra del Vietnam. Questo gesto simbolico rappresentava il culmine dell’utopia hippy: una ribellione pacifica contro un mondo in guerra, ma anche un profondo grido di disillusione.
Nonostante l’euforia, Woodstock mostrava già i primi segnali di crisi. La logistica caotica e l’incapacità di gestire un pubblico così vasto erano segni premonitori delle difficoltà che i futuri festival avrebbero incontrato. Eppure, Woodstock rimase l’emblema della pace e dell’amore, un’utopia di breve durata che sarebbe stata brutalmente interrotta solo pochi mesi dopo.
Altamont: la fine dell’innocenza
Il 6 dicembre 1969, meno di quattro mesi dopo Woodstock, il Altamont Free Concert in California segnò la fine dell’utopia hippy. Organizzato dai Rolling Stones, il concerto avrebbe dovuto rappresentare un gesto di riconciliazione con il pubblico dopo le critiche ricevute per i prezzi elevati dei biglietti del loro tour americano. Decisero quindi di organizzare un concerto gratuito, sperando di risanare il rapporto con i fan. Tuttavia, per ridurre i costi, affidarono la sicurezza agli Hells Angels, un noto gruppo di motociclisti che scorrazzava per le strade americane con la pretesa di vivere il proprio “sogno americano” come pareva a loro, senza regole né principi, cosa che spesso si traduceva in violenza, ubriachezza molesta e sopraffazione. Per i loro modi violenti incutevano timore e per questo saltuariamente venivano ingaggiati come servizio d’ordine nei concerti, ma quella scelta di accettare di pagarli con casse di birra e whisky fu da parte di Mick Jagger a dir poco assurda quanto incosciente.
Non c’è da stupirsi quindi se presto la situazione “sfuggì di mano”. Già durante l’esibizione dei Jefferson Airplane, il cantante Marty Balin fu colpito e lasciato privo di sensi da un membro degli Hells Angels mentre cercava di intervenire per fermare un atto di violenza sotto il palco. Diversi gruppi, come i Grateful Dead, decisero di non esibirsi proprio a causa della crescente violenza. Durante l’esibizione dei Rolling Stones, un giovane afroamericano di nome Meredith Hunter venne accoltellato a morte dagli Hells Angels proprio davanti al palco, mentre il gruppo suonava Under My Thumb. L’evento, catturato nel documentario Gimme Shelter, divenne il simbolo della fine dell’innocenza per la controcultura giovanile.
Altamont rappresentò l’oscura controparte di Woodstock: mentre quest’ultimo era stato celebrato come un trionfo dello spirito pacifista, Altamont rivelò le crepe di una rivoluzione che stava perdendo la sua purezza originaria. La violenza, l’uso disinvolto della droga e l’incapacità di controllare le folle erano segni evidenti di una disillusione crescente. Con Altamont, il sogno hippy si infranse, segnando il passaggio da una stagione di speranza a una di amarezza e sfiducia.
Continua a leggere la Storia del Festival dell’Isola di Wight
prima parte | seconda parte | terza parte