In un’era in cui tutti coloro che sono nel mondo della moda (e non solo) si stanno avvicinando sempre di più alla realtà digitale, Bottega Veneta si è contraddistinta per la decisione coraggiosa ed estrema di chiudere tutti i profili social. Lo scopo è quello di portare il fruitore a riflettere sulla parola: esclusività.
Una decisione inaspettata, ma strategica
Decisione apparentemente controversa ed estrema, quella di Bottega Veneta: l’account instagram del brand, che vantava di 2,5 milioni di follower, è stato definitivamente eliminato; a seguire, Twitter e Facebook. Il brand ha così deciso di scomparire totalmente dal web, lasciando solamente il sito, che permette ancora di vedere le ultime novità e di acquistare online i prodotti. Una scelta ardua, che però induce il fruitore a riflettere su una parola: esclusività. Travolti ormai da una società consumista, siamo abituati ad avere tutto e subito; non bisogna, però, dimenticarsi che un tempo certi prodotti erano considerati di lusso in qaunto associati alla ricercatezza, all’esclusività che li rendevano unici e inimitabili. Non era importante “mettere in mostra e apparire”, ma cogliere l’attenzione delle persone che parlavano la tua stessa “lingua”.
Il direttore creativo Daniel Lee, con la scelta dei social network, ha giocato di strategia in sintonia con le famose parole di Oscar Wilde, divenute il cardine del marketing: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”. “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”. Condivisibile o non condivisibile? Intanto tutti ne parlano e i social network hanno velocizzato la diffusione della notizia. Vero è che chi non conosceva la casa di Moda fondata nel 1966 da Michele Taddei e Renzo Zengiaro, a Vicenza, oggi la conosce.
Una famiglia, una storia e il carattere distintivo
E per chi, nonostante tutto, ancora non lo conoscesse, ripercorriamo brevemente alcuni momenti molto significativi per il marchio. Nel 1980 il brand entra nei grandi schermi con l’attrice Lauren Hutton, che indossa una borsa intrecciata Bottega Veneta nel film American Gigolò; successivamente, nel 1985, Andy Warhol realizza il cortometraggio Bottega Veneta Industrial Videotape e, negli anni ’90, la casa di moda lancia la sua prima collezione prêt-à-porter. Nel tempo lo stile e l’essenza sono state sempre due costanti, tanto che Vogue ha coniato l’espressione “stealth wealth” per rimarcare quel lusso discreto che oggi, durante una pandemia globale in cui i social sono diventati il passatempo di milioni e milioni di persone, ha portato il brand a questa scelta estrema. Oltre allo scalpore dell’ultimo periodo, il brand è da sempre noto per la particolare lavorazione a intreccio della pelle, l’intrecciato, utilizzato per creare numerosi prodotti del marchio. “When your own initials are enough”, diventa poi lo slogan del brand, dato che il logo appariva, in modo discreto, solo all’interno dei prodotti. Nel 1972, Bottega Veneta apre il suo primo negozio negli Stati Uniti, a New York City e a metà degli anni ’70, l’azienda inizia la produzione di calzature. Renzo Zengiaro lascia l’azienda alla fine degli anni ’70; poco dopo Michele Taddei consegnò l’azienda alla ex moglie Laura Braggion che prende le redini di Bottega Veneta insieme al secondo marito, Vittorio Moltedo.