SI tratta di Arte. Si tratta di armonia e bellezza che genera l’Arte.
Quando questa manca ecco cosa succede: il 12 agosto 2024, un murale raffigurante Paola Egonu, celebre pallavolista italiana, è apparso su una parete di fronte alla sede del CONI a Roma. Questo tributo artistico arriva pochi giorni dopo il trionfo storico della squadra italiana di pallavolo femminile alle Olimpiadi di Parigi 2024, dove Egonu ha guidato il team alla conquista della medaglia d’oro, la prima nella storia per l’Italia in questa disciplina (Paris 2024 Olympics).
Paola Egonu è stata una delle protagoniste indiscusse delle Olimpiadi, tanto da essere nominata MVP del torneo. Con la sua straordinaria prestazione, ha contribuito a portare l’Italia alla vittoria, battendo in finale la squadra degli Stati Uniti con un netto 3-0 (FIVB). Questa vittoria non solo ha segnato un punto di svolta nella storia dello sport italiano, ma ha anche rafforzato la figura di Egonu come simbolo di inclusività e resistenza contro la discriminazione.
Il Murale di Laika: Arte e Messaggio Sociale
A pochi giorni dal trionfo olimpico, l’artista di street art Laika ha deciso di omaggiare Paola Egonu con un murale a Roma. L’opera, situata di fronte alla sede del CONI, raffigura Egonu in un gesto di vittoria, con il pallone che schiaccia decorato dalla scritta “Stop Racism”. Questo murale non è solo un tributo alla grande atleta, ma anche una potente dichiarazione contro l’odio e la discriminazione.
Laika, conosciuta per le sue opere di forte impatto sociale e politico, ha creato questo murale per evidenziare come l’arte possa diventare un veicolo per messaggi di grande rilevanza sociale. La scelta di Paola Egonu come soggetto non è casuale: l’atleta è un simbolo di lotta contro la discriminazione e un esempio di come l’arte e lo sport possano collaborare per promuovere l’inclusività.
Tuttavia, poche ore dopo la sua creazione, l’opera è stata vandalizzata: il volto di Egonu è stato deturpato e il colore della sua pelle alterato con vernice rosa, un chiaro gesto discriminatorio. Inoltre, il messaggio “Stop Racism” presente sul pallone è stato cancellato, rendendo l’atto di vandalismo un’aggressione non solo all’immagine di Paola Egonu, ma anche al messaggio sociale che l’opera intendeva veicolare (Sky TG24) (Paris 2024 Olympics).
Questo episodio sottolinea quanto sia ancora radicata la discriminazione nella nostra società e quanto lavoro rimanga ancora da fare per contrastarla. Tuttavia, la comunità non è rimasta indifferente: un passante, in un gesto di solidarietà, ha prontamente ripristinato il murale, restituendo a Paola Egonu e al messaggio originale la loro dignità. Questo intervento dimostra come l’arte possa unire le persone e fungere da catalizzatore per il cambiamento
Il Significato del Murale nel Contesto Italiano
Il murale di Laika, con la sua estetica potente e il messaggio chiaro, diventa un simbolo di come l’arte possa essere utilizzata per sensibilizzare e combattere le ingiustizie sociali. Laika ha scelto di rappresentare Egonu non solo per il suo successo sportivo, ma per ciò che rappresenta: una donna forte, di origini nigeriane, che ha affrontato e superato numerose sfide, diventando un’icona di inclusività in un contesto sociale spesso ostile.
In Italia, il dibattito sull’identità nazionale è spesso intriso di tensioni legate all’appartenenza culturale e alla cittadinanza. La questione se l’identità italiana debba essere definita dai tratti somatici o dalla cittadinanza è centrale in questo discorso. Il murale di Laika pone una domanda provocatoria: cosa significa davvero essere italiani?
Questo tema ricorda situazioni analoghe negli Stati Uniti, dove, nonostante l’esistenza del XIV Emendamento alla Costituzione, sono state introdotte leggi come le Jim Crow Laws che hanno istituzionalizzato la segregazione sociale. Il XIV Emendamento, ratificato nel 1868, afferma che “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti… sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono” e garantisce che nessuno Stato possa “privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza il giusto processo legale” o “negare a qualsiasi persona all’interno della sua giurisdizione la protezione uguale delle leggi” (The HISTORY Channel). Questo emendamento è stato concepito per garantire l’uguaglianza legale per tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro origini, dal colore della pelle o dalla forma degli occhi.
Nonostante questo principio di uguaglianza, a partire dal 1877, gli stati del Sud degli Stati Uniti hanno implementato le Jim Crow Laws. Queste leggi hanno legalizzato la segregazione in vari aspetti della vita pubblica, mantenendo le comunità afroamericane separate e inferiori rispetto ai cittadini bianchi (Encyclopedia Britannica) (Encyclopedia Britannica). Le Jim Crow Laws dimostrano come la discriminazione possa essere profondamente radicata nelle strutture sociali, rendendo difficile la sua eradicazione. Anche se queste leggi sono state ufficialmente abolite nel corso degli anni ’50 e ’60 grazie al movimento per i diritti civili, la discriminazione ha continuato a permeare la società americana.
Riflessioni sull’Inclusività in Italia
In Italia, la discriminazione non è stata completamente estirpata, come dimostra l’episodio di vandalismo che ha colpito il murale di Paola Egonu. Nonostante i progressi fatti nel riconoscere e valorizzare la diversità, episodi come questo evidenziano quanto lavoro rimanga ancora da fare per raggiungere una società veramente inclusiva.
È importante ricordare che negli anni ’60, durante il boom economico italiano, ci fu un’importante migrazione interna dal Sud al Nord del paese. Meridionali che abbandonavano le proprie terre per andare a lavorare nelle fabbriche di Torino, Milano, Genova, venivano spesso “accolti” da cartelli discriminatori “Qui non si affitta ai meridionali” o “In questo bar non entrano cani e meridionali“. Persone nate in Italia, un’italianità ovviamente indiscutibile, eppure erano soggetti a una pesanti discriminazioni e pregiudizi.
Negli anni ’90, un partito politico nato al Nord ha sfruttato questi sentimenti di discriminazione per costruire la sua base elettorale, facendo leva su un pregiudizio diffuso nei confronti dei meridionali. Che poi sono stati “graziati” dall’inizio di immigrazione straniera prevalentemente africana. Lo stesso partito che oggi arruola Generali come improbabili politici.
Questo solleva una domanda ovvia: è davvero una questione di italianità?
L’Arte come Strumento di Cambiamento Sociale:
è giusto tollerare l’intolleranza?
Il murale raffigurante Paola Egonu realizzato da Laika è un perfetto esempio di come l’arte urbana possa fungere da veicolo per messaggi di grande rilevanza sociale. Questo tipo di arte non è solo decorativa, ma porta con sé una carica emotiva e politica che può stimolare la riflessione e il dibattito pubblico.
Il gesto vandalico subito dall’opera sottolinea quanto sia ancora radicata la discriminazione nella nostra società. Il razzismo è discriminazione, un’espressione di intolleranza che minaccia i fondamenti stessi di una società giusta.
Come non pensare quindi al “Paradosso dell’intolleranza” di Karl Popper? Una società illimitatamente tollerante finirebbe per essere distrutta dall’intolleranza stessa. Popper, filosofo liberale e non certo un pericoloso attivista dei Centri Sociali, ci avverte che:
«La tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo la tolleranza illimitata anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’assalto degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e con loro la tolleranza. Con ciò non intendo dire, per esempio, che dobbiamo sempre sopprimere le espressioni filosofiche delle teorie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomenti razionali e tenerle a bada di fronte all’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente assai imprudente. Ma dobbiamo rivendicare, nel nome della tolleranza, il diritto di non tollerare l’intolleranza. Dobbiamo rivendicare che ogni movimento che predica l’intolleranza ponga fuori legge, e dobbiamo considerare reato l’istigazione all’intolleranza e alla persecuzione, così come dobbiamo considerare criminali l’istigazione all’omicidio o al rapimento o il ritorno alla tratta degli schiavi.»
Abbiamo letto recentemente chi ha contrapposto John Rawls a Karl Popper. Evidentemente non avendolo studiato a dovere per poterne parlare. Il filosofo americano, lui si radicale, nel suo lavoro principale, A Theory of Justice (1971), stabilisce che una società giusta deve garantire a tutti un insieme di libertà fondamentali uguali, compatibili con un sistema di libertà per tutti. Tuttavia, egli riconosce anche che esistono limiti alla tolleranza: una società giusta non può tollerare idee o pratiche che minaccino le sue stesse fondamenta. Nel suo Political Liberalism (1993), Rawls introduce il concetto di “ragione pubblica“, affermando che le decisioni politiche devono essere giustificate con argomenti che tutti possono accettare.
Affermando in pratica la stessta ragione di Karl Popper, in quanto le idee intolleranti, che non possono essere giustificate pubblicamente in modo ragionevole, non devono essere ammesse. Quindi l’intolleranza diventa difesa preventiva contro quelle idee e pratiche che minano la libertà e l’uguaglianza, principi fondamentali per qualsiasi struttura sociale giusta.
Ecco quindi il ruolo importante dell’arte: la sua capacità di essere un cavo trasmettitore di bellezza, attraverso messaggi sociali e politici. Friedrich Schiller, il quale, nella sua opera Lettere sull’educazione estetica dell’uomo (1794), sostiene che l’arte ha il potere di elevare l’animo umano, avvicinandolo all’ideale di bellezza e armonia. Schiller vede nell’arte non solo un mezzo per comunicare e resistere, ma un veicolo per la realizzazione dell’umanità stessa, in cui bellezza e moralità si fondono.
Forgiando la cosiddetta “anima bella“
Il murale di Paola Egonu, quindi, non è soltanto un atto di resistenza contro l’intolleranza e la discriminazione, ma anche un esempio sublime di come l’arte possa fungere da cavo trasmettitore di bellezza, capace di trasformare lo spazio pubblico in un luogo di riflessione e contemplazione. La bellezza dell’opera non risiede solo nella sua forma estetica, ma anche nella sua capacità di connettere le persone. Poiché bellezza è sinonimo di giustizia.